giovedì 18 febbraio 2010

DIVORZIO A SESSANTAN’ANNI: L’UMTIMA FRONTIERA DEL MALESSERE(segue)

Non serve molta fantasia per immaginare il futuro che attende l’incauto anziano che abbia deciso di voltare le spalle al proprio passato: ansie, rimorsi, depressione e una solitudine così totale da trasformare in dramma un banale colpo della strega o una semplice influenza stagionale. La verità è che, al di là dell’offerta di felicità proclamata ad ogni piè sospinto dall’imbonitore di turno, sia esso conduttore televisivo o responsabile della posta del cuore, strizza cervelli preoccupato della felicità del proprio paziente o avvocato divorzista avido di guadagnare, nel pacco dono della separazione tardiva di concreto c’è solo l’intenzione di nuocere gravemente ai più deboli: “Avanti, aumentiamo le categorie dei derelitti, c’è ancora posto nel mondo del malessere!”
E allora eccoli i salotti televisivi dove le nonnette con la bocca rifatta alla moda negroide e le gote gonfie del grasso prelevato dalle loro natiche si esibiscono per aggiornarci sulla straordinaria capacità di prestazione del loro ultimo amante, magari poco più che ventenne. Oppure la fiction dove il matusalemme di turno se la spassa con la colf o con la badante senza che nessun secondo tempo ce lo mostri con gli abiti laceri e sporchi mentre tende la mano davanti all’uscio di una parrocchia. Restando in attesa della comparsa di qualche filosofo e di qualche sociologo di nuova generazione, finalmente in grado di spiegarci da dove viene tutta questa volontà di fare del male ai vecchi dopo averne fatto tanto ai bambini, e senza alcuna pretesa di scomodare pur utili precetti religiosi e morali ai quali, del resto, nessuno fa più riferimento, sarebbe consigliabile al Governo in carica, doverosamente impegnato a risanare la finanza pubblica, l’adozione d’una strategia innovativa capace di contrastare davvero vecchie e nuove povertà: quella che agisce nella formazione delle coscienze e prospetta stili di vita e di comportamento attraverso la sfera culturale intesa in senso lato, una strategia che ponga finalmente un freno al propagarsi, per il tramite di quegli strumenti della diffusione della cultura oggi impregnata troppo spesso di cinismo morale e di spregiudicatezza nichilistica, di modelli falsi e deleteri che influenzano tutti i ceti sociali e in particolare i più deboli, rappresentando un mondo di realizzazione e felicità individuale laddove può esistere solo il rimpianto e il rimorso per il male inferto agli altri e a se stessi. E, molto spesso, lo spettro della miseria più estrema. Recriminare sugli errori commessi e rimpiangere il passato ormai non serve a nulla, se non ad aumentare le nevrosi e i sensi di colpa individuali e collettivi. Per andare avanti, per voltare pagina, occorre prendere atto di ciò che è avvenuto negli ultimi decenni e dei dolori e fallimenti che ne sono derivati senza inutili moralismi e atti d’accusa verso i troppi che hanno ceduto allo spirito dei tempi, ma applicare l’onesta e umile volontà di coinvolgere tutti nella grande impresa di sanare il sanabile, arrestando una deriva destinata a portarci al disastro totale. E, soprattutto, ricordare che tutto passa attraverso l’imposizione di modelli finalmente sani e di una visione del mondo opposta all’attuale, dove l’amore vero e, quindi, la comprensione e fedeltà coniugale tornino ad essere non solo valori assoluti ma anche tutele economiche per garantire vite dignitose in luogo di interventi assistenziali letali per la pubbliche finanze e umilianti per tanti vecchi e infanti derelitti. E’ importante capire che la rinascita sociale e la rinascita economica passano anche attraverso i nuovi film e le nuove fiction che attendono di essere girati e dai nuovi libri e articoli che attendono di essere scritti, e da quant’altro capace di riproporre un po’ di quel buon senso altrimenti detto senso del limite che aiutava tutti noi a salvaguardarci dagli errori, e a non inseguire chimere in grado soltanto di nuocerci e di sprofondarci nell’infelicità.
Miriam Pastorino